LA PSICANALISI SECONDO
SCIACCHITANO

"TU PUOI SAPERE CON L'ANIMA E CON IL CORPO"

creata il 4 luglio 2011 aggiornata il 20 luglio 2011

 

 

Vieni da "Cartesio" o da qualche pagina dove si parla del dualismo cartesiano.

Sull’anima e sul corpo

Come ce la caviamo con il terzo articolo della prima parte delle Passioni dell’anima (1649) di Cartesio?

Tout ce que nous expérimentons être en nous, et que nous voyons aussi pouvoir être en des corps tout fait inanimés, ne doit être attribué qu’à notre corps; et, au contraire, que tout ce qui est en nous, et que nous ne concevons en aucune façon pouvoir appartenir à un corps, doit être attribué à notre âme.

(“Tutto ciò che noi sperimentiamo essere in noi e che vediamo possa essere in corpi affatto inanimati, non deve essere attribuito ad altro che al corpo; al contrario tutto ciò che è in noi e che noi in nessun modo possiamo concepire come appartenente a un corpo, deve essere attribuito alla nostra anima”.)

Propongo la seguente formula di lettura, la quale ha un piccolo merito: mette in continuità Cartesio con Spinoza, il secondo e ultimo cartesiano della storia della filosofia occidentale.

Sia X l’insieme sostegno delle nostre considerazioni. Suppongo che X non sia vuoto. Del resto sulla natura degli elementi di X hypotheses non fingo. Sia S (soggetto) un sottoinsieme non vuoto di X. Sia K una famiglia non vuota di sottoinsiemi non vuoti di X. Gli elementi k di K si chiamano corpi inanimati.
Cartesio definisce il corpo C di S, C(S), come l’insieme degli elementi di S che appartengono a qualche corpo inanimato. “Tutto ciò che noi sperimentiamo essere in noi (x di S) e che vediamo possa essere in corpi affatto inanimati (x di k, per qualche k), non deve essere attribuito ad altro che al corpo”. In formule,

C(S) = {x di S | esiste un k di K tale che x è di k}

Si verifica facilmente che, se S intersecato k ≠ Ø, per qualche k di K, C non è vuoto. Si verifica, inoltre, che C non appartiene necessariamente a K. (Basta considerare il caso di K formato da due sottoinsiemi distinti di X).
Si arricchisce l’ipotesi cartesiana postulando che K sia una famiglia fondamentale secondo Zamanski (o base di filtro secondo Bourbaki), cioè stipulando che K sia tale che nell’intersezione di due elementi di K, se non è vuota,sia incluso un elemento di K. Zamanski fa osservare che, tramite la nozione di filtro, la famiglia fondamentale porta alla nozione di limite di uno spazio topologico. A sua volta una topologia è una famiglia fondamentale che contiene l’insieme vuoto. (cfr. M. Zamanski, Introduzione all’algebra e all’analisi moderna (1963), Feltrinelli, Milano 1966, p. 150). Considerare il corpo come luogo di punti limite è psicanaliticamente giustificato, considerando tali punti come elementi delle zone erogene del corpo.

Secondo Cartesio l’anima di S, A(S), sarebbe l’insieme complementare del corpo di S. “Tutto ciò che è in noi e che noi in nessun modo possiamo concepire come appartenente a un corpo, deve essere attribuito alla nostra anima”. In formule,

A(S) = {x di S |non esiste un k di K tale che x è di k}.

È chiaro che, se il soggetto è un corpo inanimato, cioè S è un elemento di K, la sua anima è vuota. (Non “non esiste”, ma esiste ed è vuota! Ricordo ai non matematici che il sottoinsieme vuoto è un sottoinsieme di ogni insieme). Secondo Cartesio l’anima del soggetto non è mai vuota perché esistono degli x che non appartengono a nessun corpo inanimato. Sono i pensieri di S, che nessun corpo inanimato pensa.

Le due formule mettono bene in luce il fatto, su cui Cartesio insiste, che l’anima non sta al corpo come il nocchiero alla nave (v. VI Meditazione). L’anima non è dentro al corpo. L’anima sta piuttosto all’esterno del corpo, lo riveste come un vestito. Tale vestito ha un bottone: è la ghiandola pineale (epifisi), che allaccia il vestito al corpo. Più precisamente, l’anima è interstiziale rispetto al sistema dei corpi inanimati. Sembra che Cartesio consideri l’anima come un collante del sistema dei corpi inanimati (organi), che compongono il corpo. Quando il collante svanisce il corpo si decompone o muore. Permane in Cartesio la concezione platonica dell'anima come unità non composta da parti, quindi inanalizzabile. (Platone dice "immortale"). Con questa concezione dell’anima non si arriva alla psicanalisi.

Spinoza corregge Cartesio, affermando che anche il corpo pensa, sebbene in modo meno perfetto dell’anima (di Dio). I pensieri del corpo si chiamano affetti. Con Spinoza la psicanalisi diventa possibile: diventa l’analisi dei pensieri e degli affetti. Spinoza introduce questa essenziale correzione rispetto a Cartesio: si analizzano le passioni del corpo, anche quando le si chiamano passioni dell’anima. La psicanalisi è sempre una somanalisi.

Dal confronto delle due formule di C(S) e di A(S) si verifica che, se K è un ricoprimento di S, cioè se per ogni x di S esiste almeno un k di K tale che x è di k, l’anima risulta vuota. Nella metafora degli interstizi, gli interstizi vengono colmati. È il caso che considera Spinoza. In generale, se K è una topologia su X, K è un ricoprimento di X e, quindi, l’anima di X risulta vuota. Ciò giustifica l’uso della topologia in psicanalisi. L’anima vuota potrebbe essere la definizione scientifica di “psiche”. Intorno a quel vuoto la psicanalisi scientifica – tale perché considera una pluralità di spazi – costruisce i propri spazi psichici come scene dove recitano la loro parte il soggetto, l’oggetto e il corpo.

Le due figure seguenti danno un’idea intuitiva di quanto sopra esposto. L’anima “piena” dello schema cartesiano corrisponde alla parte tratteggiata del disegno.

LL’anima “vuota” dello schema spinoziano è un modello di afanisi del soggetto. Del soggetto rimane ne tutt’al più un tratto di frontiera (nell’esempio parte del bordo inferiore).

A questo punto, si pone per lo psicanalista freudiano un problema esegetico di non facile soluzione. Quale concezione di anima Freud usa: quella cartesiana o quella spinoziana? La mia soluzione distingue il Freud freudista dal Freud freudiano. Il Freud freudista è quello della metapsicologia delle pulsioni. E' il Freud della Seele, dell'anima piena di pulsioni come il sangue di Cartesio è pieno di spiriti vitali, portati al cervello. (La teoria degli spiriti vitali è per altro una teoria ilozoista di stampo galenico, quindi medica). Il Freud freudiano è quello della rimozione originaria (Urverdrängung) o della Psyche, l'anima vuota spinoziana. Questa sarebbe l'anima del moderno soggetto della scienza, che opera con pensieri che non sono ancora nella mente – una vera e propria anima ignorante, si potrebbe dire, cioè l'anima delle scienze dell'ignoranza.

Lo psicanalista junghiano non soffre di questi patemi. La sua anima non è spinoziana, essendo piena zeppa di archetipi. Del resto la definizione junghiana di corpo vivente, ripulita del suo finalismo, è apparentemente vicina alla definizione cartesiana di C(S) . "Il corpo [vivente] è un sistema di unità materiali, adattato agli scopi della vita e intrinsecamente coerente, e come tale un'apparenza, afferrabile dai sensi, dell'essere vivente". E più avanti precisa: "Il corpo non deve essere inteso come un morto accumulo di materia, ma come un sistema materiale pronto a vivere e a rendere possibile la vita, il quale però, senza il contributo dell'essere vivente, pur essendo pronto a vivere, non potrebbe vivere. Giacché [...] manca al corpo qualcosa che è indispensabile alla vita, cioè la psiche". (C.G. Jung, "Spirito e vita" (1926), in Opere di C.G. Jung, vol. 8, Boringhieri, Torino, 1976, p. 346-347).

Ma Jung, oltre a non essere mai stato spinoziano, non fu neppure cartesiano. Non conosceva la precisazione di Cartesio nell'articolo VI della prima parte delle citate Passioni:

"Al fine di evitare l'errore [di credere che l'anima dia il movimento e il calore al corpo], consideriamo che la morte non giunga mai per difetto dell'anima, ma soltanto perché qualcuna delle parti principali del corpo si corrompe".

Nei termini della moderna teoria algebrica delle categorie la teoria cartesiana presupporrebbe una doppia corrispondenza funtoriale tra la categoria delle azioni (corporee) e la categoria delle passioni (psichiche). Non esistono gesti che non siano realizzazioni o interpretazioni di configurazioni psichiche; non esistono formule psichiche che non si esprimano in gesti corporei. La matematica è giusta con Cartesio. Lascia il supposto dualismo cartesiano di anima e corpo ai professori di filosofia.

Tuttavia, per essere fino in fondo giusti con Cartesio e per poter affrontare Freud al di là dei suoi freudismi incorporati nella mitologia freudiana, resta da approfondire il discorso dell’anima vuota. La mia tesi è la seguente.

L’anima vuota (ma ora si può lasciar cadere questa qualifica) non pensa pensieri “concettuali”, gli x di X. I pensieri concettuali sono pensati dal corpo attraverso i circuiti neurali, composti da un numero finito di neuroni variamente connessi. Non per questo l’anima resta “a mani vuote”. All’anima restano da pensare i pensieri “non concettuali”. Cosa intendo con questa espressione?

I pensieri non concettuali sono i pensieri che non possono essere riassunti in un concetto. Filosoficamente sono i giudizi riflettenti secondo Kant. Estensionalmente parlando, sono le classi proprie di von Neumann e Gödel, che non possono essere ridotte a un elemento di un un’altra classe, in questo caso a una x di X. I pensieri non concettuali sono i veri pensieri dell’anima; abitano in tutto lo spazio che ospita il soggetto e non si localizzano necessariamente dentro di lui. Sono pensieri diffusi in tutto lo spazio psichico; non si concentrano in formazioni psichiche particolari; non sono il sogno di qualche poeta, il concetto di qualche filosofo o il sintomo di qualche nevrotico. In quanto tali resistono a ogni forma di psicoterapia individuale. Formano l’inconscio collettivo secondo Jung. Il punto è stato, infatti, analizzato meglio da Jung che da Freud. Gli archetipi sono il nome che Jung dà ai pensieri non concettuali che abitano l'anima. Il difetto della teorizzazione junghiana è che offre una pseudoconcettualizzazione di ciò che concettualizzabile non è e lo fa per lo più ricorrendo alla mitologia e privilegiando ancora una volta la verità narrativa rispetto a quella argomentativa, il tempo di sapere diacronico rispetto a quello sincronico. Jung, che pure tematizza la sincronicità come coincidenza di eventi nella diacronia, resta inguaribilmente prescientifico. Con i miti, infatti, ha chiuso Galilei, inaugurando la "libertà di filosofare intorno alle cose del mondo" (Lettera a Cristina di Lorena, 1615).

Esempi non mitologici di pensieri non concettualizzabili?

Le nozioni di gioco, di verità, di femminile, di paterno, di linguaggio, di infinito, di politico, ecc. Il soggetto che li pensa è un noi. (vedi Pensiamo, dunque sono). Il soggetto individuale li pensa all'interno del legame sociale con l'altro. Sono i nostri concetti fondamentali, si potrebbe dire; sono loro che formano la nostra civiltà; sono loro che in parte amiamo, in parte odiamo e soprattutto di loro in massima parte non vogliamo sapere. I diversi modi in cui le tre passioni dell'essere, come le chiama Lacan: amore, odio e ignoranza, si ripartiscono rispetto a questi concetti non concettuali differenziano le diverse civiltà presenti sulla scena del mondo; caratterizzano la nostra e la contrappongono alle altre. Una ama più il paterno; l’altra odia più il femminile; l’altra ancora non vuole saperne di linguaggi diversi da quello parlato dal proprio dio; tutte si ritraggono impaurite di fronte all’infinito. La psicanalisi scientifica deve affrontare questi modi di essere delle civiltà, prima di preoccuparsi delle nevrosi individuali. Deve essere politica prima che etica; deve essere liberale prima che medica; deve promuovere quello che Spinoza chiamava – l'unico – diritto naturale, "inteso qui come facoltà di pensare liberamente e di portare il proprio giudizio su qualsiasi argomento". (Cfr. B. Spinoza, Trattato teologico-politico (1670), cap. XX). Se è vero che il pensiero è l'essenza dell'anima cartesiana, con Spinoza questa essenza diventa qualcosa di concreto: la libertà. Si tratta della liberté cartésienne, di cui parlava Jean-Paul Sartre nel 1948.

In questo modo credo di non aver trattato il dualismo anima/corpo secondo i cliché di moda nel cognitivismo. Concludo con una breve considerazione di storia della scienza, in particolare della fisica, sul dualismo. In fisica il dualismo tipico è stato per lungo tempo quello onda/corpuscolo. Sembrava un'insanabile contraddizione della meccanica quantistica; invece si è rivelato un'intuizione "non concettuale", quindi collettiva, che ha prodotto nuove teorie, fino alle moderne elaborazioni di gravità quantistica in termini di brane.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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